L’arcipelago di Zanzibar è un arcipelago della Tanzania situato nell’Oceano Indiano, a est della costa dell’Africa orientale. Corrisponde all’ex nazione indipendente di Zanzibar, oggi parte semi-autonoma della Tanzania. Comprende due isole principali, Unguja (detta anche “Zanzibar” o “Isola di Zanzibar”, Zanzibar Island) e Pemba, a cui si aggiungono una quarantina di isole minori, molte delle quali disabitate; la più grande di queste isole, Tumbatu, è circa 100 volte più piccola di Pemba. L’arcipelago appartiene, insieme a Mafia, alle cosiddette spice islands (“isole delle spezie”).
La principale isola dell’arcipelago, Unguja (o semplicemente Zanzibar) si trova all’altezza della città di Bagamoyo; il braccio di mare fra Unguja e Bagamoyo, detto stretto di Zanzibar, è largo circa 40 km. È un’isola collinosa; misura circa 85 km da nord a sud e circa 30 km da est a ovest, nel punto di maggiore larghezza, per una superficie totale di circa 2600 km². La popolazione è distribuita soprattutto a nord, nordovest e ovest, dove il terreno è più fertile; la costa orientale è più arida e vi abbonda la roccia corallina, poco adatta all’agricoltura. Le spiagge bianche della costa orientale, con l’antistante barriera corallina, sono invece rinomate da un punto di vista turistico. Sempre sul versate est si trovano le acque più pescose e la maggior parte dei villaggi di pescatori.
L’arcipelago si estende pochi gradi a sud dell’equatore. Il clima è tropicale, monsonico, con temperature elevate tutto l’anno e alte percentuali di umidità. Gli alisei soffiano da nord-est nel periodo da dicembre a marzo e da sud-est da maggio a ottobre. Ci sono due stagioni delle piogge; quella principale (chiamata localmente mwaka) dura da metà aprile a maggio, con precipitazioni molto intense (può accadere che piova tutti i giorni per l’intera stagione). La seconda stagione, fra ottobre e dicembre (talvolta fino a gennaio) e dominata dai monsoni provenienti dal nord chiamati localmente kasikazi, è meno intensa.
Pemba, nota anche col nome arabo Al Khundra (“l’isola verde”), è l’isola più settentrionale dell’arcipelago, e si trova circa 50 km a nord di Unguja. Misura circa 65 km in lunghezza e 22 km in larghezza, per una superficie totale di circa 1500 km². Lo stretto di Pemba, che la separa dal continente, è più largo di quello di Zanzibar, e quindi l’isola è storicamente rimasta più isolata. È molto meno popolata di Unguja e più ricca di vegetazione.
In passato le isole dell’arcipelago erano quasi completamente coperte da foresta tropicale; la presenza umana e la conseguente deforestazione hanno ridotto l’estensione della foresta al 5% dell’area originale. La foresta primigenia sopravvive solo nelle aree naturali protette di Jozani (Unguja) e Ngezi e Msitu Mkuu (Pemba).
Exquisite-kfind.png Lo stesso argomento in dettaglio: Storia di Zanzibar.
Kilwa, una delle più importanti città-stato arabe del periodo shirazi, in una illustrazione del 1572 (Civitates orbis terrarum vol. I, di Georg Braun e Franz Hogenberg)
L’arcipelago, e soprattutto l’isola di Unguja, fu abitato fin dalla preistoria da popolazioni bantu provenienti dalla costa dell’Africa orientale. Intorno alla metà del I millennio queste popolazioni erano organizzate in comunità agricole e, come le loro controparti sul continente, conoscevano la lavorazione del ferro; la loro organizzazione sociale restò però al livello di villaggi e di clan, e non diedero mai origine a unità politiche più strutturate.
Intorno alla fine del I millennio tutta l’Africa orientale fu teatro di una rapida espansione commerciale araba e persiana. Le coste dell’odierna Tanzania e dell’odierno Kenya, e la stessa Zanzibar, divennero i punti estremi di una vasta rete commerciale le cui rotte giungevano, attraverso il Medio Oriente, fino all’India e alla Cina. Nel cosiddetto periodo shirazi (dalla regione persiana di Shiraz) le civiltà persiana e araba iniziarono a creare insediamenti stabili nella zona, che gradualmente assunsero le connotazioni di città-stato. Contemporaneamente, i colonizzatori si mischiarono con le popolazioni native bantu, dando origine alla cultura swahili, in cui si fondono tratti africani, mediorientali, persiani e di altre provenienze asiatiche. La stessa lingua swahili mostra chiaramente questa origine, essendo caratterizzata da una struttura grammaticale marcatamente bantu e da un vocabolario ricchissimo di termini di derivazione araba.
Alla fine del XV secolo, l’avvento dei Portoghesi (che avevano doppiato il Capo di Buona Speranza riuscendo, primi fra gli europei, ad approdare in Africa orientale) portò a un rapido crollo della civiltà swahili. I Portoghesi, forti di una netta superiorità tecnologica, razziarono ripetutamente le città costiere dell’Africa orientale, e infine vi imposero il proprio dominio militare, con l’intento di subentrare ad arabi e persiani nel controllo degli scambi commerciali fra l’Africa e l’Asia. Tuttavia, l’effetto dell’azione portoghese fu quello di far collassare il sistema commerciale che gli arabi avevano costruito. La civiltà swahili ebbe quindi un periodo di declino e le grandi città stato della costa caddero in rovina.
Il forte arabo di Stone Town fu costruito dagli omaniti e servì a contrastare le aggressioni portoghesi
Alla fine del XVII secolo, il sultanato di Oman iniziò a espandersi in Africa orientale, scacciando gradualmente i portoghesi; Zanzibar divenne parte del sultanato nel 1698. Sotto il dominio omanita Zanzibar tornò ad acquistare un importante ruolo commerciale, in particolare relativamente al traffico di avorio, spezie e soprattutto di schiavi. I più ricchi e potenti mercanti di schiavi zanzibari, come Tippu Tip, disponevano di veri e propri eserciti e controllavano militarmente buona parte dell’entroterra, dalla Tanzania all’Uganda al Congo RD. L’importanza dell’isola divenne tale che nel 1840 la capitale del sultanato fu spostata da Muscat all’odierna Stone Town. Nel 1861, in seguito a una lotta di successione interna alla dinastia regnante, Zanzibar e Oman si divisero, evento che portò alla nascita del sultanato di Zanzibar.
Mentre il sultanato prosperava, le potenze coloniali europee iniziarono a intensificare la propria presenza nell’area. I possedimenti del sultano di Zanzibar sulla costa orientale passarono gradualmente nelle mani degli europei (soprattutto inglesi e tedeschi) e la stessa Zanzibar fu oggetto di contesa. Il trattato di Heligoland-Zanzibar, sancito nel 1890 fra Regno Unito e Germania, assegnò agli inglesi il controllo di Zanzibar, che divenne un protettorato britannico. Il sultano di Zanzibar rimase formalmente a capo del protettorato, ma era di fatto sottoposto ai visir (consiglieri) britannici (in seguito chiamati “residenti”. Fra l’altro, gli inglesi (che avevano condotto in tutta l’Africa una imponente campagna anti-schiavista) imposero al sultano l’abolizione formale della schiavitù. Un tentativo della dinastia omanita di imporre un sultano non gradito agli inglesi sfociò nella guerra anglo-zanzibariana del 1896, una guerra lampo nota come la più breve guerra della storia: si concluse con la resa del pretendente al trono dopo 45 minuti di bombardamento navale della capitale di Zanzibar da parte della marina inglese.
Il presidente Amani Abeid Karume alla cerimonia del quarantesimo anniversario della rivoluzione, nel 2004
Zanzibar rimase sotto il controllo britannico fino al 1963, anno in cui, sotto la spinta del generale processo di decolonizzazione dell’Africa, il Regno Unito concesse l’indipendenza al sultanato, che divenne per breve tempo una monarchia costituzionale. Il 12 gennaio dell’anno successivo, la rivoluzione di Zanzibar (un altro conflitto insolitamente breve, essenzialmente conclusosi nel giro di nove ore) pose fine al sultanato e istituì una repubblica di stampo socialista, governata dal Partito Afro-Shirazi (Afro-Shirazi Party, ASP). Nello stesso anno, il 26 aprile, l’ASP e il partito di governo del Tanganica (la parte continentale dell’odierna Tanzania), l’Unione Nazionale Africana del Tanganica (Tanganyika African National Union, TANU) fondato da Julius Nyerere, decisero di unire Zanzibar e Tanganica in una nazione unica, che il 29 ottobre prese l’odierno nome di Repubblica Unita della Tanzania. Zanzibar rimase in ogni caso, per molti versi, una realtà distinta dalla Tanzania continentale, sia per la cultura più marcatamente araba, sia perché l’arcipelago (e soprattutto l’isola di Unguja) rimane fra le aree più sviluppate e relativamente ricche del paese. Per esempio, la televisione a colori apparve nella capitale di Zanzibar Stone Town nel 1973, circa vent’anni prima che nel resto del paese.
La ricchezza derivata dallo sviluppo è andata a favore di pochi eletti, famiglie benestanti, mentre per la stragrande maggioranza , della popolazione vive con scarsi mezzi di sostentamento, con misere possibilità di sopravvivenza, con alimentazione molto povera, che a causa di ciò, specialmente i bambini sono soggetti a malattie, problemi dentali, e scarse difese immunitarie, e la maggioranza non ha accesso al sistema sanitario, a causa del bassissimo reddito pro capite, anche perchè non esiste esenzione sanitaria nel Paese.
Negli anni successivi, il rapporto fra il governo centrale della Tanzania e Zanzibar si rivelò a tratti difficile, anche in seguito al permanere nell’arcipelago di consistenti spinte indipendentiste. Anche internamente all’arcipelago, in particolare fra le due isole principali di Unguja e Pemba, si verificarono numerosi attriti, occasionalmente sfociati in scontri violenti.
Zanzibar è uno dei luoghi più rappresentativi della cultura swahili, nata dall’incontro delle popolazioni bantu dell’Africa centro-orientale con le civiltà del Medio Oriente e dell’Asia, e in particolare di Oman, della Persia, e dell’India. La popolazione parla prevalentemente swahili, ma anche l’inglese è molto diffuso.
Gran parte del patrimonio architettonico, artistico e culturale di Zanzibar è concentrato nella città principale di Stone Town, dove si trovano gli antichi palazzi dei sultani (tra cui Beit el-Sahel e il Palazzo delle Meraviglie), le fortificazioni del periodo omanita, numerose moschee e altri luoghi di culto, e numerosi altri importanti esempi di architettura swahili. Stone Town è anche la capitale del taarab, il genere musicale più tradizionale della cultura swahili, che unisce testi in lingua swahili e melodie, ritmi e strumenti di ispirazione araba e indiana.
La cucina zanzibarina è rinomata per le sue insolite combinazioni di sapori, che riflettono il passato movimentato dell’isola e dell’arcipelago, affiancando e combinando ricette arabe, indiane ed europee, spesso modificate per adattarsi ai prodotti alimentari tipici del luogo, legati alla tradizione costiera (pesce e frutti di mare) che alla produzione agricola da esportazione (spezie, frutta tropicale)questo nei vari locali e ristoranti dell’isola.
Mentre la popolazione locale ha un redditto bassissimo familiare, circa 2 dollari al giorno, l’almentazione è a base di polenta, riso, manioca, poche verdure, alghe, pochssimo pesce giusto quelli di scarto dalla vendita per pochi centesimi e conchiglie per chi vive sulle spiagge; mentre all’interno giusto verdure di scarto dalla vendita, e latte di cocco o chai (te)per colazione , perchè di basso prezzo ,mentre il latte vaccino è proibito per l’alto prezzo per le loro, possibiltà € 1,00 il litro.
Chiodi di garofano
Coltivazione delle alghe rosse a Jambiani
L’arcipelago di Zanzibar è fin dall’antichità un importante produttore ed esportatore di spezie, con un primato mondiale relativamente alla produzione di chiodi di garofano.[9] A partire dagli anni settanta il crollo del prezzo delle spezie dovuto alla globalizzazione, e una cattiva gestione interna della produzione, hanno portato Zanzibar a essere quasi tagliata fuori da questo mercato, che è oggi in gran parte appannaggio dell’Indonesia.[9] Ciononostante, la produzione di chiodi di garofano, assieme a quella di rafia, rimane una delle voci più importanti dell’economia zanzibarina, ma che non incide nel guadagno delle famiglie in quanto sottopagato ai locali che lavorano alla produzione di tali spezie.
A partire dagli anni novanta, Zanzibar ha conosciuto un rapido sviluppo del settore turistico, il cui volume d’affari è aumentato del 16% annuo dal 1992 al 2002[10] ed è tuttora in espansione. Il governo di Zanzibar ha dichiarato esplicitamente di voler rendere Zanzibar “una delle principali destinazioni turistiche dell’Oceano Indiano”[11] e la Commissione per il Turismo di Zanzibar, un organo appositamente creato, si è data l’obiettivo di valorizzare la natura esotica e la varietà di attrazioni di Zanzibar.[11] L’arcipelago dispone tra l’altro di lunghe spiagge tropicali e coralline, attrazioni storiche e aree naturali protette. La prossimità del Kenya e della Tanzania continentale, che hanno un’industria turistica già ben avviata, favorisce l’afflusso di turisti anche verso Zanzibar. La posizione geografica rende anche Zanzibar uno dei “paradisi tropicali” più accessibili agli europei. L’industria del turismo sta rapidamente sviluppandosi sia nei dintorni di Stone Town sia sulla costa orientale dell’isola; e alcune spiagge, come quella di Jambiani, hanno acquisito negli ultimi anni una grande visibilità a livello internazionale.
La ricchezza derivata dallo sviluppo del turismo, è andata a favore di pochi eletti, solo alle strutture che girano intorno alle attività turistiche, alle strutture commerciali, , mentre per la stragrande maggioranza della popolazione non riesce ad essere impiegata nelle strutture turistiche e commerciali, e quei pochi che sono impiegati, non riescono a percepire un guadagno che gli permetta di vivere con lo stretto necessario.
Dal 1988 ha cominciato a diffondersi sia a Unguja che a Pemba la coltivazione di “alghe rosse” (Eucheuma spp.), importate dalle Filippine.[12] La produzione di alghe è destinata all’esportazione; esse vengono impiegate nell’industria alimentare (per produrre l’addensante noto come carragenina) e nell’industria dei cosmetici, ma che non porta ricchezza alla popolazione che la coltiva, in quanto il lavoro è sottopagato, in pochi spiccioli di dollari per balla di alghe essiccate.
Molte delle attività economiche di Zanzibar sono danneggiate dalla carenza di infrastrutture affidabili. Per esempio, fra maggio 2008 e marzo 2010 l’isola ha subito due importanti black-out della durata complessiva di diversi mesi, con forti ripercussioni sulla già fragile economia locale.
Aeroporto di Zanzibar
L’Aeroporto Abeid Amani Karume è il principale aeroporto nell’arcipelago di Zanzibar, situato sull’Isola di Unguja . Si trova a circa 5 chilometri a sud di Stone Town, la capitale, e ha voli per l’Africa orientale, l’Europa e il Medio Oriente.
In precedenza era noto come Aeroporto Kisauni ed è stato ribattezzato nel 2010 in onore di Abeid Amani Karume, primo presidente dell’isola.
Nel 2000 si contavano a Zanzibar 207 scuole pubbliche e 118 private. Ci sono tre istituti universitari: la Zanzibar University, la State University of Zanzibar (SUZA) e il Chukwani College of Education.[13] La SUZA, fondata nel 1999 con sede a Stone Town, è l’unica università pubblica. Nel 2004 contava 948 iscritti, di cui 207 di sesso femminile.[14]
Le donne vengono per la maggior parte tenute a casa ad accudire i fratelli e sorelle più piccoli e solo la minoranza ha accesso all’istruzione e ai corsi professionali, anche per mancanza di mezzi economici sufficienti, per la sopravvivenza.
Il colobo rosso di Zanzibar, un raro primate endemico di Unguja
Le isole di Zanzibar (e in particolare Unguja) erano connesse al continente durante l’ultima era glaciale, e di conseguenza la loro fauna è strettamente correlata a quella del continente, pur con alcune differenze che riflettono il successivo isolamento. La specie endemica più nota di Unguja è il colobo rosso di Zanzibar (Procolobus kirkii), uno dei primati africani più rari, con una popolazione totale stimata intorno ai 1500 esemplari, un terzo dei quali si trova nella foresta di Parco nazionale di Jozani Chwaka BayJozani. Differisce dai colobi continentali per pelliccia, abitudini alimentari e richiamo.[17] Sono endemici di Unguja anche il leopardo di Zanzibar (che si considera però estinto) e la genetta servalina di Zanzibar (Genetta servalina archeri).
Anche la fauna di Pemba differisce da quella del continente per via del prolungato isolamento. La specie endemica più nota dell’isola è la volpe volante di Pemba (Pteropus voeltzkowi).[18]
La fauna delle poche aree di foresta rimaste include una varietà di altre specie presenti anche nel continente, come diverse specie di scimmie, cinghiali, civette e manguste e piccole antilopi. L’arcipelago è anche caratterizzato da una ricchissima avifauna e, specialmente in alcune aree, dalla presenza di numerosissime specie di farfalle tropicali. Non ci sono animali selvatici di grandi dimensioni, né grandi predatori.[18]
La posizione geografica equatoriale provoca una bassa escursione termica durante l’anno solare generando temperature medie intorno ai 25 °C. Il clima a Zanzibar è suddiviso in due stagioni principali. Due secche e due piovose. Le stagioni secche vanno da dicembre a febbraio e da giugno ad ottobre e sono le più calde con temperature che raggiungono anche gli oltre 30 °C, mentre le stagioni piovose riguardano i mesi che vanno da fine marzo a maggio e il mese di novembre dove i bruschi temporali, frequenti ed improvvisi caratterizzano le stagioni umide.
La presunta casa natale di Freddie Mercury a Stone Town
Uno dei retaggi del lungo periodo di dominazione britannica di Zanzibar è la grande popolarità del calcio. Zanzibar ha un proprio campionato e una propria nazionale (non riconosciuta dalla FIFA).
Squadre locali nei villaggi e paesi non sono spesso presenti , per mancanza mezzi economici, quelle poche che ci sono , grazie a finanziamentti di alcuni villaggi turistici , o sostenute da turisti o Associazioni No profit , per creare forme di aggregazione.
Il sistema scolastico di Zanzibar è regolamentato in modo diverso da quello della Tanzania continentale. La scuola dell’obbligo (gratuita) dura dieci anni anziché sette. Nonostante la maggiore scolarizzazione, gli studenti di Zanzibar ottengono mediamente risultati inferiori rispetto a quelli del continente nei test nazionali, in quanto molto datati di anni indietro e non aggiornati.
Inoltre le strutture una volta costruite , non vengono mantenute, con il risultato che si ritrovano in condizioni antigieniche, malridotte, ed alcune non utilizzabili, causando mancanza di aule e corsi scolastici con doppio turno, per questo Associazioni No Profit intervengono, sulla costruzione , manutenzione di strutture e sostegno economico all’istruzione.
Fino agli anni novanta alla scuola seguiva un periodo di servizio civile obbligatorio, oggi diventato volontario.